. L'opera nata dalla matita di Takashi Okazaki e poi trasposta sugli schermi domestici dai Gonzo Studios è, infatti, ancora inedita qui in Italia. Ci sono nobili guerrieri, ci sono comprimari di tutto rispetto, ci sono battaglie sadiche e violente, belle ragazze, nemici cattivissimi, colpi di scena. E c'è un protagonista carico di stile, quanto e forse più di chiunque altro. Sguardo glaciale, sigaretta perennemente accesa, vestiario largo e folta capigliatura svolazzante alla afro. Detto così, sembra più il parto di un ubriaco. Eppure, l'anime di Afro Samurai è una piccola perla. Una perla che Namco Bandai, per la gioia dei fans, ha voluto diffondere anche su console. Le formidabili abilità da spadaccino del nostro eroe si adattano perfettamente ad un action-adventure forse non di alte pretese, ma sicuramente da tenere in considerazione.
Le vicende del gioco seguiranno quelle già narrate nell'opera originale. Per chi se la fosse persa, ecco un rapido riassunto. La trama ruota attorno a due fasce, appositamente numerate. Secondo le leggende, chi riesce ad entrare in possesso della Numero Uno, la più ambita, riceverà all'istante i poteri di un dio. L'unico che può sfidare in duello il Numero Uno è il Numero Due. Il risvolto della medaglia, però, vuole che chiunque altro possa attaccare il Numero Due, così da sottrargli la fascia e puntare più in alto. È una storia di vendetta, che vede Afro in viaggio alla ricerca dell'assassino del padre, Justice (attuale Numero Uno), in un mondo che amalgama in un maniera innovativa Medioevo giapponese e futuro fantascientifico; un viaggio che, per quanto breve, porterà il prode guerriero ad attraversare un tunnel di sofferenza, indicibili perdite e reminescenze dal passato.
Purtroppo, se la serie animata riesce a mettere soddisfacentemente la parola “fine” alle vicende in sole cinque puntate, lo stesso non vale per il videogame. Affossato da una narrazione lacunosa e singhiozzante (aggravata dai continui flashback giocabili), non fa altro che confondere ulteriormente chi si avvicina per la prima volta alla saga. Per coloro che invece hanno già digerito le avventure televisive del samurai non c'è questo rischio. Purtroppo, ne entra in scena un altro. Ovvero chiedersi, “ma è di Afro Samurai che stiamo parlando?”. Buona parte delle scene sono completamente rifatte da zero, andando ad intaccare la perfezione dell'opera principale, con tanto di filler dal dubbio gusto buttati lì per allungare il brodo dove possibile. I punti chiave sono comunque rimasti integri, e chiunque volesse testare con mano lo scontro con Jinno o Afro Droid troverà pane per i suoi denti.
Sotto l'aspetto del gameplay, Afro Samurai si presenta come un action/adventure molto classico, smaccatamente ispirato a Prince of Persia sotto svariati aspetti. Le non troppo rare sequenze di platforming, uniche boccate d'aria fresca tra una battaglia e l'altra, lasciano presto il passo alla vera colonna portante: lo smashing forsennato della coppia Quadrato-Triangolo. Il sistema di combattimento ripesca a piene mani dai baluardi del genere, con attacchi leggeri da alternare ad altri più pesanti (e concatenamenti annessi). Inoltre, dopo aver messo a segno una certa quantità di colpi, ci verrà data la grazia di attivare il Focus. Niente di diverso dallo straconosciuto Bullet Time, questo Focus investirà Afro di una velocità sovrumana, dandogli il tempo di sferrare fendenti più accurati e di mirare direttamente ai punti vitali del nemico. Basta aguzzare la vista, munirsi di un certo tempismo e in men che non si dica assisteremo a macabri spettacoli di sadici smembramenti, culminanti in un lago di sangue ai limiti della censura.
Afro Samurai non ha paura di regalare al pubblico il gore che da sempre contraddistingue l'anime, rendendolo non solo la ciliegina sulla torta, ma l'indiscusso protagonista. La soddisfazione di squartare da parte a parte il ninja di turno, però, non riesce a far chiudere un occhio sulla pesante linearità di fondo. Il titolo Namco Bandai altro non è che un'esperienza guidata, una fastidiosa e - a tratti - stancante serie di arene stracolme fino all'orlo di assassini di ogni tipo, nonostante in più di un'occasione cerchi di sorprendere con qualche simpatico enigma. Purtroppo, anche il battle system cede il fianco a qualche deficienza: in primis, la mancanza di una schivata per sfuggire velocemente da un gruppo di nemici, assenza sofferta soprattutto nelle battaglie con i boss. Per di più, l'esperienza ottenuta nel corso delle frequenti risse lascia il tempo che trova. Il sistema di crescita del personaggio, anch'esso guidato, non concede al giocatore la scelta dei parametri da incrementare o delle combo da apprendere, ma risolve tutto in automatico. Un punto a sfavore, quindi, per coloro che si aspettavano un minimo di piglio ruolistico.
Peccato che giungere al fatidico scontro con Justice non richiederà più di cinque o sei ore, un tempo palesemente al di sotto della media odierna. La rigiocabilità non migliora di certo la situazione, dato che un'offerta basata per intero su bozzetti sbloccabili o altre chicche di poco conto non invoglierebbe nessuno ad allacciarsi le cinture per un secondo o terzo giro (la versione PS3, per giunta, non ha neanche i Trofei).
Il comparto grafico, per quanto concerne stile, scelta cromatica e tratto degli oggetti, richiama il più possibile l'idea di un fumetto. Ed è forse la più grande vittoria del gioco: quella di apparire come un quadro in movimento. Il tutto è ben definito, la pulizia a schermo è magistrale, nessuna traccia di aliasing è lì ad infangare un'esperienza visiva di grande impatto. Il motore, dal canto suo, sorregge questo spettacolo con un'encomiabile fluidità, intaccata solo in sporadiche sessioni più popolose della media. Naturalmente, neanche Afro Samurai è perfetto. Come risvolto della medaglia, possiamo notare modelli poligonali avversari stantii - abbozzati frettolosamente e clonati all'inverosimile - e ambientazioni non sempre ispiratissime.
Ad intonare le gesta del samurai capellone, neanche fosse il suo angelo custode, è nuovamente RZA, hip-hopper che ha già donato la sua ugola (e il suo ammaliante ritmo) alla saga animata. Anche qui, come potete notare, un accostamento piuttosto peculiare, ma comunque azzeccato come pochi altri. I doppiatori già apprezzati nella produzione Gonzo appaiono anche nella trasposizione videoludica, più in rispolvero che mai. Divertenti, scurrili e carichi di espressione, donano all'atmosfera il mordente necessario per proseguire e per farsi qualche sana risata, sebbene i sottotitoli nostrani cerchino in più di un'occasione di coprire le continue oscenità pronunciate.
Saluti ::Straicker
Recensione Afro Samurai
Pubblicato da Straicker alle 10:03
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